La libertà del saper guardare al di là
della gabbia delle proprie
incertezze, fug-gendone. L’amore, quello che sa percepire la bellezza
dell’anima. E poi incantesimi, re, un pappagallo parlante che cunta storie, coppe dorate, calici e
boccioli di nettare. Ci sono tutti gli ingredienti per i due racconti,
profondamente straripanti di sicilianità, proposti da Gioia Timpanelli in
“De anima sicula” (Dario Flaccovio Editore, pag. 223, euro 14), volume già
premiato negli Stati Uniti con l’American Book Award
nella sua
edizione originale in lingua inglese.
Appassionata e attenta riscopritrice della tradizione favolistica orale,
l’autrice ha infarcito il suo libro dei racconti della tradizione popolare
siciliana che erano stati raccolti alla fine dell’ottocento da Giuseppe
Pitrè. Racconti tratti, a loro volta, da altre favole di tradizione orale
senza tempo e senza confini geografici: le favole universali dell’amore e
della libertà, adattate e tramandate in varie versioni da ogni popolo.
C’è il pappagallo in gabbia - e che
importa se d’oro, d’argento o di bambù – che racconta tri cunti, storie a lieto fine di principesse prigioniere di
incantesimi. E c’è la giovane donna che sta ad ascoltarlo, prigioniera
anche lei - ma di se stessa, della sua solitudine – in una casa con le
finestre sempre chiuse che dall’esterno tutti credevano essere disabitata.
La sua anima non riusciva a liberarsi di membra stanche e intorpidite che
la costringevano nei sentieri più nascosti della sua malinconica ospite.
Come nelle favole, l’incantesimo sarà spezzato anche per lei.
E c’è Rusina, bella e giovanissima, e per questo malvista e invidiata
dalle sorelle. Rimane affascinata dai modi gentili e raffinati d’un uomo
talmente puro nell’animo quanto brutto nelle sue sembianze esteriori. Se ne
innamora: “Questo è successo non perché abbiamo amato la bellezza ma perché
la bellezza ha amato noi”. Una rilettura del racconto della bella e la
bestia. Sullo sfondo, in entrambe le favole, c’è Palermo. Con i suoi
colori. Il suo vento che inebria trasportando il profumo del mare. C’è
tutta Palermo, al punto che dentro alle sue favole Gioia Timpanelli riesce
a far entrare pure il festino dei
palermitani, quello in onore di Santa Rosalia che secoli prima aveva
liberato i suoi concittadini dalla peste, dopo avere preferito la vita
meditativa e ascetica a quella talvolta illusoria ed evanescente dei
palazzi aristocratici. (Al.Au.)