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A sinistra la copertina di “De anima sicula”, il volume di racconti siciliani vincitore negli Stati Uniti dell’American Book Award, pubblicato in Italia da Flaccovio. A destra “La produzione di uno spazio urbano”, un saggio pubblicato da Marsilio su Siracusa a cavallo fra Ottocento e Novecento

 
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     La Sicilia dei latifondi, quella relegata negli schemi più consuetudinari del meridio-nalismo che la voleva abitata dai contadini contrapposti e sottomessi ai grandi proprietari terrieri, esce rivalutata nel nuovo saggio di Salvatore Adorno, “La produzione di uno spazio urbano” (pubblicato per i tipi della Marsilio Editore, pag. 358, euro 30), che, prendendo in esame le trasformazioni urbanistiche di Siracusa negli anni compresi tra la fine dell’ottocento e i primi decenni       del secolo  scor-
                                           so,  ci       propone  una  terra straordinariamente caratterizzata dal suo territorio urbano, al punto da coinvolgere le élites cittadine negli accesi dibattiti sulla crescita urbana, quella crescita che traghetterà Siracusa verso la modernità. 
     Pur nel rigore della trattazione, l’autore ci racconta, come in un bel libro di narrativa, della rinascita di una prestigiosa città siciliana, prima raccolta attorno al suo porto, e pian piano disegnata nella sua espansione verso i territori rurali. Ci riferisce, con copiosità di dettagli e di riferimenti, dei primi passi del piano regolatore dibattuto in consiglio comunale alla fine dell’ottocento. Erano quelli gli anni post-unitari di un’Italia ancora giovane e Siracusa era stata quasi dimenticata dal Ministero della Guerra all’interno dei suoi fortilizi. Costretta fra le sue mura, si ponevano per Siracusa questioni di ordine pratico, legate alla richiesta di nuovi alloggi, prima ancora che legittime aspirazioni di espansione commerciale: anche al porto, infatti, “il più bel porto del regno”, veniva praticamente preclusa ogni  possibilità di crescita per via delle mura. Ed erano quelli gli anni in cui la battaglia politica, oltre che in consiglio comunale, si accendeva di passione anche sulle colonne di due giornali cittadini, “Il Tamburo” e ”Il Movimento”, che davano voce alle due opposte fazioni. Le stesse che al comune, negli anni, si scambiavano i ruoli di maggioranza e opposizione. L’Italia era ancora giovane, dicevamo, ma anche in quegli anni si alternavano ai banchi del potere amministratori che vedevano nell’abbattimento delle mura un affare per gli imprenditori edili a loro legati. Altri che, invece, dimostravano di avere a cuore soltanto l’espansione e la crescita della città.
     Salvatore Adorno riesce a renderci pienamente partecipi della realtà di cento e più anni fa. E si percepiscono chiaramente tutte le ansie e i timori che hanno accompagnato la nascita della splendida Siracusa, quella che possiamo ammirare oggi. (Al.Au.)

 

 

 

 

 

 

     La libertà del saper guardare al di là della  gabbia delle proprie incertezze, fug-gendone. L’amore, quello che sa percepire la bellezza dell’anima. E poi incantesimi, re, un pappagallo parlante che cunta storie, coppe dorate, calici e boccioli di nettare. Ci sono tutti gli ingredienti per i due racconti, profondamente straripanti di sicilianità, proposti da Gioia Timpanelli in “De anima sicula” (Dario Flaccovio Editore, pag. 223, euro 14), volume già premiato negli Stati   Uniti   con l’American Book       Award

nella sua edizione originale       in lingua inglese. Appassionata e attenta riscopritrice della tradizione favolistica orale, l’autrice ha infarcito il suo libro dei racconti della tradizione popolare siciliana che erano stati raccolti alla fine dell’ottocento da Giuseppe Pitrè. Racconti tratti, a loro volta, da altre favole di tradizione orale senza tempo e senza confini geografici: le favole universali dell’amore e della libertà, adattate e tramandate in varie versioni da ogni popolo.

      C’è il pappagallo in gabbia - e che importa se d’oro, d’argento o di bambù – che racconta tri cunti, storie a lieto fine di principesse prigioniere di incantesimi. E c’è la giovane donna che sta ad ascoltarlo, prigioniera anche lei - ma di se stessa, della sua solitudine – in una casa con le finestre sempre chiuse che dall’esterno tutti credevano essere disabitata. La sua anima non riusciva a liberarsi di membra stanche e intorpidite che la costringevano nei sentieri più nascosti della sua malinconica ospite. Come nelle favole, l’incantesimo sarà spezzato anche per lei.

     E c’è Rusina, bella e giovanissima, e per questo malvista e invidiata dalle sorelle. Rimane affascinata dai modi gentili e raffinati d’un uomo talmente puro nell’animo quanto brutto nelle sue sembianze esteriori. Se ne innamora: “Questo è successo non perché abbiamo amato la bellezza ma perché la bellezza ha amato noi”. Una rilettura del racconto della bella e la bestia. Sullo sfondo, in entrambe le favole, c’è Palermo. Con i suoi colori. Il suo vento che inebria trasportando il profumo del mare. C’è tutta Palermo, al punto che dentro alle sue favole Gioia Timpanelli riesce a far entrare pure il festino dei palermitani, quello in onore di Santa Rosalia che secoli prima aveva liberato i suoi concittadini dalla peste, dopo avere preferito la vita meditativa e ascetica a quella talvolta illusoria ed evanescente dei palazzi aristocratici. (Al.Au.)

 

Siracusa moderna

“scriveva” i sui spazi urbani

 

In un tempo

al di fuori del tempo

 

 
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LIBRI & DINTORNI  In libreria per Flaccovio un volume di racconti siciliani, due novelle ispirate alle storie raccolte a fine ottocento da Giuseppe Pitrè. Per Marsilio è uscito un saggio sulla nascita della Siracusa moderna, attraverso l’esame delle trasformazioni urbanistiche di fine ottocento frutto di un acceso confronto fra contrapposte élites

 

 

 
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Casella di testo: Periodico on line di cultura, tradizioni popolari, valorizzazione del territorio e delle risorse paesaggistiche. Iscrizione N. 288 del 
7 ottobre 2003 nel Registro delle Testate Giornalistiche del Tribunale di Trapani. Direttore responsabile Alberto Augugliaro


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