Nelle
foto in questa pagine, alcune delle insegne della Palermo di fine ottocento
in mostra Pitré. In alto da sinistra
quelle di una tabaccheria e di un fabbro, sotto quella di un
barbiere
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Tutte le opere in esposizione, dipinte
su spessi supporti in legno, così da sopportare vento e intemperie, sono così
tornate ad attrarre nuovamente a sé sguardi e curiosità. In fondo erano
nate con questo preciso scopo. Dimenticate da più di un secolo in cantine e
soffitte, hanno dovuto essere sottoposte a un paziente lavoro di restiling a cura della
Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali che ha ridato luce e
profondità cromatica a quelli che fino a qualche mese prima sembravano dei
vecchi pezzi di legno. Tutte le opere, risalenti al periodo a cavallo fra
la fine dell’ottocento e i primi anni del secolo successivo, fanno parte
della serie “Insegne di bottega dell’esposizione nazionale di Palermo: la
collezione restaurata”. Ad osservarle verrebbe voglia di fare un salto nel
tempo a ritroso e immergersi in quei colori
delle insegne, rappresentazione
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di una società molto a misura
d’uomo dove anche la pubblicità, o comunque quelle forme di comunicazione
ad essa riconducibili, era perfettamente speculare al “prodotto” proposto.
Senza “trucco e senza inganno”, incapace di suscitare tutte quelle suggestioni
emozionali artificialmente programmate nei moderni studios della pubblicità.
Luoghi
di Sicilia
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MOSTRE In
esposizione al museo etnografico “Giuseppe
Pitrè” di Palermo
le insegne delle
botteghe cittadine di
fine ottocento. Recentemente
restaurate dalla Sovrintendenza alle Belle Arti, sono state raccolte in una
collezione che resterà visitabile
per tutto il
mese di febbraio.
Tutte le insegne
in mostra erano
state dipinte a
mano su tavole
in legno.
Un’insegna come opera d’arte
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Cento e passa anni fa, quando non
c’erano computer, neon colorati e spot televisivi, accadeva che per
comunicare un messaggio pubblicitario bisognava affidarsi alle arti
figurative. Che ancor schiave di esigenze pratiche legate alla necessità di
catturare e tramandare momenti di vita quotidiana - la fotografia era ancora in fase
sperimentale – venivano utilizzate anche per reclamizzare la bottega di un
salumiere o di una trattoria. Erano le prime insegne pubblicitarie, dipinte
rigorosamente a mano: non avevano in dotazione i moderni giochi di luci
colorate, ma garantivano il risultato per il quale erano state realizzate,
forti di un’espressività semplice e genuina. Chi l’avrebbe immaginato,
cento e passa anni fa: oggi queste “insegne” sono state raccolte,
catalogate e – alla stregua di opere d’arte, quali esse sono – esposte in
una mostra: una mostra di quadri pubblicitari, le “Antiche insegne di
bottega”, visitabile fino al 27 febbraio al museo etnografico siciliano
“Giuseppe Pitré” di Palermo.
C’è il dipinto del barbiere, in giacca
scura a quadri, cravatta a farfalla e cappello, con tanto di luccicante
rasoio in mano. C’è il fabbro - incudine e martello alle mani – grembiule
da lavoro e pantaloni a quadri, pure lui: in perfetto accordo con la moda
del tempo che, in qualche misura, sembra oggi ritornare in auge.
Certo
fa un certo
effetto vedere, in un’altra tavola, il nobiluomo in frack, cravattino, gilet, bastone e
cappello fieramente intento
a fumare il sigaro. “Io sempre fumo” è lo slogan che troneggia sulla sua
testa. Era l’insegna del tabaccaio, è l’immagine dei tempi che cambiano:
difficile poterla esporre oggi, con le limitazioni della legge antifumo –
sacrosante, ci permettiamo di aggiungere – entrate in fase d’attuazione
proprio in questo mese.
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